di Marco lo Conte
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Avete presente come corre su un piano inclinato una pallina? Prima lentamente, poi sempre più forte, finché fermarla diventa difficile, anzi impossibile. Questa immagine rende l’idea di come la crisi demografica stia cambiando sempre di più il profilo della vecchia Europa – e ancor più vecchia Italia – rendendola irriconoscibile rispetto a solo pochi lustri fa.
Il welfare costruito sui modelli prodotti dal boom economico da tempo non funziona più e l’evoluzione della composizione sociale è molto più veloce della capacità dei policy makers e dei cittadini di adeguarsi.
Alcuni numeri fotografano in modo molto chiaro questa tendenza (e la difficile rincorsa in atto).
Innanzitutto, quelli sui saldi della popolazione italiana: nel 2020 – annus horribilis per la pandemia covid – si sono registrate meno di 400mila nascite e oltre 700mila decessi. L’anno successivo le cose non sono andate straordinariamente meglio, tanto che a fine 2021 il calo della popolazione italiana è stato di 616mila unità. Una riduzione non compensata dal risicato tasso migratorio con l’estero, positivo di solo il +2,4%, il che fa arretrare il Paese di 15 anni in termini di crescita della popolazione e, quindi, di forza produttiva.
E d’altra parte l’aumento della vita media aumenta l’impegno economico dello Stato in termini di assistenza e previdenza sociale su una sempre più numerosa popolazione anziana: da qui a 15 anni gli over65 saranno oltre un terzo della popolazione.
Quali sono le conseguenze di questa trasformazione? Sono sempre i numeri a fornirci un’indicazione eclatante: su 300 miliardi di euro pagati in retribuzioni lorde ai lavoratori l’Inps incassa circa 100 miliardi, un terzo del totale; il Fisco, per avere un metro di paragone, incassa dai lavoratori dipendenti circa 75 miliardi di euro.
Assistenza e pensioni assorbono dunque più risorse di quelle drenate dall’Erario e questa tendenza inevitabilmente accelererà in futuro. Non a caso l’Italia è da anni in testa alla classifica per spesa sociale per anziani, con circa il 14% rispetto al Pil, il 3 per cento in più della media europea.
E ci sono trasformazioni qualitative che sono diretta conseguenza di tutto ciò: la silver economy è soprattutto nuovi trend. Sanità e farmaceutica sono in settori in maggior fermento, con lo sviluppo della telemedicina e di tutti i servizi dedicati alle patologie connesse all’età anziana. E, allo stesso tempo, alla prevenzione delle stesse per la fascia d’età degli over55.
Parallelamente tutti i consumi legati a questa fascia d’età, come ad esempio il turismo, stanno crescendo: la Commissione Europea stima che dal 2010 al 2030 la crescita dei consumi turistici degli over65 sarà del 170%. Che vuol dire alberghi, treni e aerei ma anche consumi culturali: la spesa dei silver per cinema e teatri è quella che è cresciuta di più nel decennio 2008-2018, rispettivamente +58% e più 47%, per non parlare delle visite ai siti archeologici, la cui crescita nel decennio è stata del 74%.
Un trend italiano, ma ancora più interessante per gli over65 esteri che guardano all’Italia come immancabile destinazione turistica e quindi opportunità imprenditoriale per un settore che fatica a fare sistema e adeguata promozione all’estero.
Se la piramide demografica ha una base sempre più stretta e una parte alta sempre più larga, inevitabilmente cambia la struttura dei consumi: i costruttori di smartphone o di calzature, di vestiario o coloro che operano in campo alimentare stanno rimodulando prodotti e processi di produzione sulla base delle esigenze dei “silver”.
Già oggi è in corso una crescita rilevante della spesa pro capite per i consumi alimentari: entro il 2025 saliranno quasi del 50% per gli over65. Non a caso il cibo è la maggiore voce di spesa per gli over60 italiani, con il 20% dei consumi complessivi.
Come anticipato, l’invecchiamento della popolazione ha inevitabili conseguenze non solo in settori old economy ma anche nella tecnologia: prima della pandemia, in Italia, l’accesso a internet e al digitale era riservato a una percentuale decisamente inferiore rispetto agli altri Paesi europei (27% over55 contro il 43% Ue), ma la scossa dovuta al lockdown e le sue conseguenze hanno messo in gioco una crescita ancora da analizzare sia quantitativamente che qualitativamente.
Ma la vera sfida consiste nella capacità dei “silver” di replicare nei prossimi anni e decenni l’obiettivo prìncipe dei boomer, ossia sfruttare il periodo del pensionamento come fase in cui “godersi” la vita e raggiungere quegli obiettivi esistenziali rimandati in epoca lavorativa.
Per sfruttare al meglio la libertà ritrovata, è, tuttavia, necessario un livello di reddito che è però messo in difficoltà dalla crisi economica, dalla frammentazione delle carriere lavorative, dalla contrazione dei versamenti contributivi e quindi dei redditi pensionistici. Una sfida per cui non è lecito attendersi alcun aiuto dall’intervento pubblico dello Stato ma, anzi, vede l’individuo da solo a verificare, al termine della propria carriera lavorativa, se le sue scelte in materia di risparmio saranno state sufficientemente oculate per garantire a sé stessi e ai propri cari un livello di benessere adeguato alle proprie esigenze.
Marco lo Conte
Giornalista de Il Sole 24 Ore, responsabile del team di social media editor