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  • Risparmio e Futuro

Perché è necessario aderire ai fondi pensione

di Marco lo Conte

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Quota 100, poi 102, poi 103. E poi opzione donna, bonus per restare al lavoro. Il cantiere delle pensioni è sempre aperto e la politica ritocca periodicamente le norme. Il che rischia di creare una forte incertezza tra i cittadini, anche tra chi è lontano dal momento fatidico di lasciare il lavoro. Inoltre, la progressiva entrata in vigore del sistema contributivo sta rendendo meno generosi gli assegni delle pensioni pubbliche; per non parlare dell’emergenza demografica che riduce la forza lavoro e, di conseguenza, le entrate previdenziali e fiscali dello Stato. Non aiuta, poi, la scarsa visibilità che gli italiani hanno sulle loro future prestazioni pensionistiche, visto che nonostante una legge del 1996 fatica ad entrare nella consuetudine nazionale la versione italiana della “busta arancione”, ossia la comunicazione sulla propria posizione contributiva che gli svedesi ricevono da decenni, adattata dall’Inps al sistema Italia con molti passi in avanti negli anni passati. Da noi però occorre richiederla, il che fa la differenza.

In questo contesto non rassicurante, è importante trovare il modo giusto di costruirsi un futuro meno incerto. Per consuetudine, tradizione e cultura gli italiani prediligono il mattone per i propri investimenti (che rappresenta circa il 60% della ricchezza delle famiglie), ma i rischi e le difficoltà connesse non sono poche. C’è chi investe in gestioni patrimoniali o criptovalute, ma è sicuramente il caso di sottolineare che lo strumento prìncipe per costruirsi una pensione è appunto costituito da i fondi pensione: si tratta di strumenti di previdenza complementare come i fondi pensione di categoria, i fondi pensione aperti e i Pip, ossia piani individuali pensionistici. Regolati da una legge consolidata e vigilati da un’Authority dedicata – la Covip – i fondi pensione sono strumenti la cui adesione è volontaria e che consentono all’individuo che vi si iscrive flessibilità e controllo sul proprio piano.

Questi strumenti raccolgono i contributi degli aderenti e li investono sui mercati finanziari, sulla base di un’attenta selezione e di controllo del rischio. In sostanza, la finanza è al servizio della previdenza, mettendo a disposizione dei singoli iscritti differenti comparti di investimento, ciascuno dei quali con un suo specifico profilo di rischio da prediligere in base all’età anagrafica: chi è all’inizio del proprio percorso lavorativo è opportuno che prediliga una linea di investimento a maggior componente azionaria, più volatile ma anche più remunerativa nel lungo termine; con gli anni sarà opportuno ridurre rischio e componente azionaria per consolidare progressivamente i risultati ottenuti, per poi passare negli ultimi anni di lavoro a un comparto monetario o garantito, con bassi volatilità, rischio e rendimento.

I fondi pensione, inoltre, possono contare su alcuni punti di forza. Innanzitutto, gli incentivi fiscali: la normativa incentiva il risparmio aderendo alla previdenza complementare permettendo a chi versa contributi volontari (se lavoratori dipendenti anche quelli del datore di lavoro) di dedurre dal proprio imponibile fino a 5.164,578 euro l’anno. Il che consente di pagare meno tasse. Inoltre, la tassazione connessa alle prestazioni è inferiore rispetto a quella di altri strumenti in qualche modo “concorrenti”: dal Tfr conferito in azienda (per i lavoratori dipendenti), ai fondi di investimento, le azioni, le obbligazioni o i titoli di Stato. Chi aderisce ai fondi pensione, inoltre, può ottenere anticipazioni sulle prestazioni future per specifiche motivazioni: per spese mediche, per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa (in entrambi i casi fino al 75% di quanto accumulato al momento) o per “altre motivazioni” che non è necessario specificare (per il 30% di quanto accumulato).

Al termine della propria carriera lavorativa l’aderente potrà continuare a usare il proprio fondo pensione come uno strumento di risparmio, oppure scegliere se incassare una rendita o un capitale finale, nel caso in cui quanto accumulato non superi una soglia tecnica (circa 90mila euro in tutto). O anche - ed è un’opzione che sta prendendo piede - la cosiddetta R.I.T.A. ossia “rendita integrativa temporanea anticipata”, che consente di incassare quanto accumulato in rate di cinque anni e al minimo della tassazione (per chi aderisce da 35 anni la tassazione è pari al 9% del totale).

Insomma, si tratta di strumenti con costi contenuti, trasparenti, incentivati fiscalmente e adeguati alle esigenze di chi vuole mettere da parte il denaro per la propria pensione, secondo una strategia di lungo termine. Ma soprattutto sono strumenti flessibili, che un individuo può utilizzare adeguatamente per poter contare per il suo futuro su un secondo pilastro previdenziale solido, da affiancarsi al primo pilastro, quello pubblico, sempre meno generoso.

Marco lo Conte
Giornalista de Il Sole 24 Ore, responsabile del team di social media editor

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